Seiya e la stella cadente

Quando ancora questo non era il suo nome ed il mondo era stretto nella morsa del terrore, per via di una terribile epidemia, che costringeva tutti a starsene rinchiusi in casa, senza neppure poter mettere fuori il naso, Seiya, una cagnolina di appena un anno, viveva in una piccola masseria in una cittadina tanto minuscola, che potevi fartela a piedi in lungo e in largo durante la passeggiata delle cinque del pomeriggio.

Nel paesino il più giovane era neo pensionato e, considerata l’età in cui oggi si può andare in pensione, il ragazzotto in questione aveva già vissuto parecchi dei suoi inverni.

Seiya era la quinta di una cucciolata di cagnolini spelacchiati, col testone e tutti occhietti, di una bassotta marroncina ed un Jack Russell bianco a macchie marroni.

 

Papà Jack non viveva nella stessa masseria, ma in un paesino vicino. Era il cane di un orgoglioso agricoltore il quale, lasciato il cancello spalancato, aveva smarrito il suo fido per tre giorni e per tre giorni era andato in giro a cercarlo disperato. Suo figlio, bravo col computer, gli aveva stampato anche i volantini con la foto da attaccare in giro per il paese. C’è da dire che papà Jack Russell non era abituato a vagare per campi. Era sempre stato in città, al sicuro nel giardinetto recintato della villetta di famiglia.

Quando papà Jack vide il cancello di casa spalancato, pensò fosse giunto il momento della passeggiata. Era in fondo l’ora in cui di solito usciva per i bisognini. Preso dall’entusiasmo, si avventurò fuori. L’aria era ancora fresca. Il caldo torrido aveva lasciato spazio a serate limpide e piene di stelle. Era una delizia passeggiare con quel freschetto. E con l’imbrunire poi, il cielo terso si riempiva di stelle. Era impossibile non restare con gli occhi incollati a quello spettacolo. Anche papà Jack ne restò incantato, ma così incantato, che finì con lo smarrire la via di casa. Arrivò in questo paesino piccolo piccolo, dove alle sei di sera stavano già tutti in casa, con le luci accese, facendo preparativi per la cena. Jack in lontananza avvertiva dei profumini invitanti e sentiva di quando in quando il rumore dei piatti poggiati sulle tavole. Tutto questo pensare al cibo gli faceva brontolare lo stomaco. Era ormai parecchio che era fuori. Guardandosi intorno, non riconosceva nemmeno un angolino per riprendere la via del ritorno. Da quale parte andare? Bisogna ammettere che ad un certo punto papà Jack, oltre che affamato, era anche un bel pò impaurito. Chissà quanto si era spinto lontano. La sua casa e la sua famiglia gli mancavano già.

Preso dallo sconforto e avvinto dalla fame, decise di sedersi sotto un albero ed aspettare che facesse giorno. Convinto che con più luce, avrebbe sicuramente ritrovato la strada oppure la sua famiglia sarebbe venuta a cercarlo.

Però, sarà anche stato solo ed affamato, forse un po’ infreddolito, ma che spettacolo gli si parava davanti agli occhi. Il cielo era limpido e milioni di minuscoli puntini lo illuminavano. Una cosa così, una cane di città che viveva in casa, non l’aveva mai vista. Allungava il muso, papà Jack, per vedere se poteva toccarne qualcuna con la punta del naso.

In un attimo ebbe un sussulto. Uno di quei puntini luccicanti cadde giù, per terra. Jack si precipitò nel punto esatto, dove aveva visto cadere la stella, certo che l’avrebbe trovata lì. Magari avrebbe potuto annusarla e, perché no, assaggiarla.

Col suo fiuto sopraffino setacciò la zona intorno all’albero sotto il quale aveva preso riparo, ma la stella era come svanita.

Sconsolato, tornò al suo albero. Proprio quando stava per chiudere gli occhi e cedere alla stanchezza, sentì una cagnolina latrare poco lontano. Gli si risvegliò qualcosa dentro e si mise in cammino, alla sua ricerca.

 

Mamma bassotta era una cagnolina dal pelo beige perfettamente proporzionata, per quanto lo possa essere un bassotto, intendiamoci.

Se ne stava allegra nella sua piccola masseria, quando vide spuntare papà Jack.

Lei era un cane molto socievole e non disdegnava fare nuove amicizie. Inizialmente gli ringhiò, giusto per mettere in chiaro che quella casa e quella famiglia erano sue, ma immediatamente gli si avvicinò e lasciò che si annusassero a vicenda, emettendo di tanto in tanto dei leggerissimi guaiti. Papà Jack era già innamorato di mamma bassotta. Aveva un buon profumo, faceva proprio per lui. Si era anche dimenticato dei crampi della fame!

Lui e mamma bassotta trascorsero la notte insieme e si svegliarono la mattina seguente uno accanto all’altro. Lei condivise con lui ciotola e cuccia e così papà Jack riuscì per un pò a non pensare alla famiglia, che lo stava cercando.

 

La stella cadente portò tanta fortuna a papà Jack. Aveva conosciuto mamma bassotta, tuttavia dopo un paio di giorni giunse il doloroso istante degli addii. In paese avevano iniziato a circolare i volantini con la foto di papà Jack e la ricompensa che il suo padrone prometteva a chi l’avesse portato a casa sano e salvo. Vennero a prenderlo e mamma bassotta non ebbe neanche il tempo di salutarlo come si deve. Il suo desiderio di tornare dal suo padrone si era avverato, forse anche grazie a quella stella cadente, ma lei non l’avrebbe mai più rivista.

Vennero dei giorni bui, tristi, per entrambi. Poi mamma bassotta iniziò a sentirsi strana, molto strana. Non aveva più tanta voglia di mangiare e se ne stava nella sua cuccia a poltrire tutto il giorno. Dopo qualche giorno si comprese che aspettava dei cuccioli.

Passarono un paio di mesi e la pancia di mamma bassotta si era ingigantita, che quasi non riusciva più a muoversi.

 

Una sera mamma bassotta diede alla luce i suoi sette cuccioli. Erano tutti bruttini ed impauriti di vedere il mondo per la prima volta e come dargli torto?. Nei giorni che seguirono mamma bassotta si prese cura di ciascuno di loro, allattandoli e offrendo loro il proprio calore corporeo.

La nonnina che la teneva con sé però era già molto anziana ed a fatica riusciva a prendersi cura di lei e della masseria. Prese quindi la dolorosa decisione di dare via i cuccioli. A mamma bassotta si spezzò il cuore vedendo uno ad uno i suoi piccoli marroncini venire portati via giorno dopo giorno.

Restò l’ultima cagnolina. Era sveglia e vispa, dal pelo bianco e con le macchie beige. Era, nella cucciolata, quella che più di tutti somigliava a papà Jack.

La piccola restò qualche tempo con mamma bassotta e la vecchina, che si prendeva cura di loro. La sera, ad esempio, prima di andare a dormire, se ne stavano sul portico a guardare il cielo. “Guardate, lassù! – diceva loro – quella è una stella cadente. Fa avverare i desideri!”.

Ben presto, però anche per la piccola di casa, giunse il momento di trasferirsi nella nuova famiglia. Lasciare mamma bassotta fu la cosa più difficile e dolorosa della sua brevissima vita.

 

Nella nuova casa era tutto diverso. Non aveva una cuccia calda, ma dormiva nel pollaio assieme alle galline e di giorno doveva restare legata ad una catena per far loro la guardia. Perdipiù la famiglia che l’aveva adottata non si curava di lei, non le importava se avesse fame o freddo. Tutto ciò che doveva fare era la guardia alle galline, come tutti i cani di campagna. Non c’era più nemmeno un briciolo d’amore per la piccola di mamma bassotta e papà Jack.

 

Vennero dei giorni in cui il cielo si imbronciò e restò arrabbiato per un sacco di tempo. Continuava a piovere, ma nonostante tutto la piccola meticcia doveva fare la guardia, come volevano i padroni. Era molto triste e le mancava la sua vecchia casa, dove aveva ricevuto affetto e coccole.

Una sera, infreddolita e triste, la cagnolina si mise a guardare il cielo affascinata, quando all’improvviso uno dei puntini luminosi di lassù le cadde sulla fronte. Che paura ne ebbe! Si mise ad abbaiare come una matta ed il padrone uscì a rimproverarla. Così si accucciò sconsolata e si mise a ripensare alla vecchina. Lei le aveva sempre detto che le stelle cadenti fanno avverare i desideri ed ora l’unica cosa che voleva era una famiglia affettuosa ed una casa accogliente, dove trascorrere l’inverno e, perché no, tutta la vita. Chiuse gli occhi e si addormentò.

Il mattino seguente si specchiò in una pozza d’acqua lasciata dal temporale e vide che aveva una minuscola macchiolina bianca sulla fronte, proprio dove era caduta la stella la sera prima.

Il padrone, come tutte le mattine, andò a dare da mangiare agli animali e dopo aver fatto uscire le galline, si premurò di agganciare la catena al cancello, per impedire alla cagnolina di scappare. Quella mattina però commise un errore. Il gancio che la assicurava si era inceppato ed era rimasto aperto. La cagnolina notò che quello strano arnese aveva fatto un suono diverso dal solito. Perciò attese, come faceva sempre, che il padrone se ne andasse. Poi iniziò a tirare, più forte che poteva, la catena che aveva attaccata al collare. Tirò così forte, ma così forte, che il gancio cedette. Si mise a correre, senza mai voltarsi. Sapeva che il padrone non sarebbe tornato prima di sera. Trovò un buco al di sotto della recinzione e lo attraversò facendosi piccola piccola. Una cosa così non l’aveva mai fatta prima. Non si era mai ribellata, neppure quando l’avevano portata via a forza da mamma bassotta. Nemmeno quando il padrone la picchiava per intimarle di fare silenzio la notte. Ma ora aveva capito che se avesse continuato ad abbassare la testolina, la sua vita non sarebbe mai cambiata. In alcun modo.

Ora era finalmente libera. Si allontanava correndo dalla fattoria, senza neppure sapere dove andare.

 

La piccola meticcia restò a vagare per le campagne molto a lungo. Si nascondeva tra i filari di pomodori, tipici di quella zona, per non farsi trovare dal padrone, il quale sicuramente sarebbe andato in giro a cercarla.

Trascorsero i mesi caldi dell’estate, senza che alla cagnolina accadesse nulla di significativo, finché un giorno si trovò accerchiata da un branco di cani randagi che non ne volevano sapere di lasciarla in pace. Quello era il loro territorio e lei doveva andarsene. La piccola aveva tanta paura. Ma si fece coraggio, pur tremando terrorizzata, era decisa a non lasciare quel posticino al riparo dalle intemperie e soprattutto dagli occhi del padrone. Quegli altri erano decisi ad attaccarla, se non si fosse piegata alla loro autorità, ma lei sarebbe andata fino in fondo, ora che aveva conquistato la libertà. Più loro si avvicinavano mostrando i denti e ringhiando, più lei arretrava. Finché non fu con le spalle al muro.

 

Quando tutto sembrava perduto sentì un fischio, che attirò e disperse il branco inferocito. Poi una voce gentile ed una mano che la afferrava. Era una umana giovane e sembrava gentile, a differenza del padrone. La portò in braccio fino ad un’associazione, che si occupava di cani abbandonati e cercava loro una famiglia adottiva.

Trascorsero dei mesi strani e tristi. Si sentiva al sicuro, si occupavano di lei, ma era sola in un box tutto il giorno, fatta eccezione per il momento della passeggiata. Poi per la prima volta andò dal veterinario, un dottore che visitava tutti i trovatelli del centro.

 

Un giorno la ragazza che l’aveva portata lì andò a prenderla. Aprì la porta del box e la portò a fare il bagno. Tutta quell’acqua suscitava brutti ricordi, di giorni passati al freddo sotto la pioggia per fare la guardia.

Quando fu tutta profumata ed asciutta, le portò una ciotola con i croccantini che mangiava ogni giorno, da quando stava con loro.

La piccola meticcia credeva che sarebbe tornata, come ogni sera, nel box. Che avrebbe faticato ad addormentarsi tutta sola e che poi, una volta spente le luci, avrebbe finito col farlo in ogni caso. Ma non fu così.

 

La giovane umana la portò con la sua macchina in uno strano posto. Il tempo era terribile e la pioggia batteva contro i finestrini. Fuori non si vedeva quasi niente ed intanto si era fatto buio. Al loro arrivo la giovane la abbracciò forte e la salutò. Se ne sarebbe andata anche lei. Era un altro addio. Un altro umano la prese e la sistemò in una gabbietta all’interno di un furgone. C’erano tanti altri cani. All’improvviso il motore emise un ruggito e partirono. Fu un viaggio lungo e spaventoso, per una cagnolina di un anno, che non aveva mai nemmeno visto un’automobile. I suoni gli odori. Era tutto nuovo. Ancora.

 

Ma la piccola non sapeva che, mentre lei tirava quella catena col gancio difettoso, mentre tremava di terrore davanti ad un branco di randagi, mentre soffriva il mal d’auto durante un viaggio che sembrava non finire mai, quella stella che aveva sulla fronte e che lei aveva visto cadere giù dal cielo, la stessa che aveva portato fortuna a papà Jack tanto tempo prima, stava avverando il suo unico desiderio: avere una famiglia da amare e da cui essere amata.

 

E quando arrivò a destinazione e si guardò intorno sospettosa, aveva incredibilmente attorno a sé tutto ciò che aveva sempre desiderato: una mamma affettuosa, un papà giocherellone, una sorella umana con cui combinare guai e condividere la cameretta colorata, una ciotola piena, una cuccia morbida, una casa calda ed un mare di peluches e ciabatte da mordicchiare nei momenti di noia.

Fu così che la sua nuova famiglia decise che l’avrebbe amata per sempre e le diede un nuovo meraviglioso nome: Seiya, che in una lingua lontana lontana significa appunto “stella cadente”.

 

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