Il sacrificio di sangue dei norreni

Il sacrificio di sangue dei Norreni

Il sacrificio di sangue era un’usanza sistematica nel culto degli dèi norreni. Con il termine Norreni si è soliti indicare i popoli che abitavano l’Europa settentrionale, parte delle isole britanniche e l’Islanda, prima dell’arrivo del Cristianesimo. La parola significa infatti “popoli del nord”.

Origini

Nel II millennio a.c. un popolo di origine indoeuropea invase l’Europa Centrale e la Scandinavia. Si trattava di un popolo guerriero, come suggerito dal nome “popolo delle asce da combattimento”. Esso si spinse verso il continente, allora abitato da popoli pacifici, stanziali ed agricoltori.

I popoli preesistenti vivevano a contatto ed in comunione con la natura, usavano interrare le sepolture ed avevano una religiosità strettamente collegata ai cicli ed ai fenomeni naturali.

Il popolo delle asce, invece, era nomade. Non praticava quasi per niente l’agricoltura. Era composto da cacciatori e guerrieri. Aveva una religiosità basata essenzialmente su un culto solare. Usava cremare i morti e faceva discendere la sua origine dal Cielo.

Società patriarcale

Questi popoli erranti erano organizzati in società patriarcali ed avevano divinità maschili, che perlopiù tenevano testa a quelle femminili, relegate comunque ad un livello inferiore. Vi era quindi un padre degli dèi che andò a soppiantare una Grande Madre generatrice del tutto.

Il racconto mitico in questo senso, descrive una migrazione realmente avvenuta, che ha dato origine ai popoli Germani, come saranno poi chiamati da Cesare, che si misurerà con loro, una volta iniziata la migrazione dalla Scandinavia in Europa meridionale.

I Norreni erano dunque popoli di origine germanica, che parlavano la lingua che da loro prende il nome di Norreno, di radice proto-germanica/indoeuropea. Spesso conosciuti con il termine Vichinghi, che però gli viene attribuito solo tra l’VIII e l’XI secolo, quando invasero l’Europa meridionale a bordo dei drakkar per depredare le abbazie cristiane.

Cenni sulla religione dei Norreni

Come detto, a partire dal II millennio a.c. le invasioni indoeuropee introdussero nuove divinità maschili, andando anche a soppiantare l’assetto matriarcale della società preesistente, oltre che del culto religioso. Alcuni aspetti furono gioco forza sincretizzati. Ci troviamo quindi davanti a molte figure femminili potenti e dalle origini poco chiare, che sebbene relegate a ruolo marginale nel processo di creazione dell’uomo, giocano un ruolo importante ed a tratti anche decisivo. Una fra tante Freiya. Una divinità quasi trascurata dalle trascrizioni delle saghe, ma che ricopre un ruolo significativo, essendo la dea che consegna ad Odino i segreti del Seidr, che lo rendono invincibile.

Il padre degli dèi, responsabile della creazione dell’uomo e dei nove mondi, è Odino. Un dio guerriero, reso invincibile dalla magia donatagli da Freiya. Conoscitore delle Rune, che ottenne, secondo la profezia della Volva, previo sacrificio di sé stesso a sé stesso. Una vera e propria prova iniziatica, possiamo dire, al temine della quale egli rinunciò ad uno dei suoi occhi, per avere la conoscenza delle Rune e poter infine bere l’idromele, che, preciso, era una bevanda sacra derivata dalla fermentazione del miele. Ci viene da pensare che rinunciò alla vista da un occhio, per raggiungere quella che i buddhisti chiamano “la visione profonda”.

Il sacrificio

Nella civiltà norrena il sacrificio rivestiva un ruolo cruciale e scandiva i momenti di passaggio dell’anno. Si offriva un sacrificio tenedenzialmente per offrire alla divinità un dono affinché essa ricambiasse con  protezione e prosperità.

Il sacrificio in lingua norrena è chiamato blot, che significa sangue. Da questa parole, facile intuirlo, derivano le locuzioni inglesi e tedesche per designare il sangue , ovvero blood e blut.

Alcuni sacrifici coinvolgevano tutta la comunità e culminavano in un vero e proprio evento pubblico. La fase iniziale, quella strettamente ritualistica, prevedeva la consacrazione della vittima sacrificale al dio. Successivamente aveva luogo il festeggiamento che prevedeva canti, banchetti in cui si consumava la carne appena macellata e bevande ben precise.

Vi erano sacrifici minori, di minore importanza e che si celebravano in forma privata, in famiglia, senza il coinvolgimento di figure sacerdotali o dell’intera città.

Il rituale

Le testimonianze giunte a noi per mezzo delle narrazioni di Snorri Sturlson, ci parlano di una prima fase in cui si designava la vittima da sacrificare al dio. Sembra che la scelta fosse tutt’altro che casuale e che ogni divinità avesse un animale sacro da sacrificare. A Freyr, ad esempio, veniva sacrificato il cinghiale, che era anche il suo animale sacro. Freya, sua sorella, aveva come animale sacro la scrofa. Venivano in generale macellati cavalli, bestiame ed altri animali domestici.

Una volta designata la vittima da immolare al dio, si procedeva alla macellazione. Il sangue, che nel rituale ricopriva un ruolo chiave, lo vedremo, veniva solitamente spruzzato ovunque. Sui muri del tempio, sull’altare, ma anche sui partecipanti al rito.

Dopo la macellazione dell’animale, la carne veniva cotta in enormi calderoni, per poi essere consumata da tutti. L’officiante consacrava la tazza che conteneva la carne cotta, prima di cominciare a mangiare.

Si facevano dei brindisi. Primo fra tutti la bevuta della birra. Si brindava in prima istanza ad Odino, per celebrare le vittorie ed i successi, poi a Njordh e a Freyr, per la prosperità, la sopravvivenza e la pace.

Un ruolo altrettanto importante spettava al brindisi in onore dei defunti. Coloro che avevano lasciato il corpo fisico per raggiungere gli dèi. Se essi avevano perso la vita in battaglia, sarebbero ascesi al Valhalla, una sorta di paradiso dei guerrieri. Avrebbero così trascorso l’eternità in beatitudine e tra ogni piacere in compagnia di Odino.

Il sacrificio umano

Ci sono pareri discordanti circa l’attendibilità delle fonti che attribuiscono ai Norreni l’usanza di offrire sacrifici umani. Sappiamo che al tempio di Uppsala una volta ogni nove anni nove giovani venivano offerti in sacrificio ad Odino e a suo figlio Thor. Questa pratica serviva a propiziare buoni raccolti, ricchi bottini nelle razzie estive e pace tra i clan. Vi sono fonti di epoca cristiana, che parlano di un sacrificio supremo, quello del re. Si immolava il sovrano a seguito, per esempio, di grandi carestie o epidemie. Il re in questo caso impersonava il dio in terra. E’ il dio che lo ha scelto e favorito affinché rivestisse quel ruolo.

Spesso l’uccisione della vittima avveniva per impiccagione, specialmente se l’offerta era destinata ad Odino. Egli era, infatti, il dio degli appesi, essendo egli stesso stato appeso per nove giorni e nove notti, immolando sé stesso a sé stesso. Il sacrificio di Odino gli fu funzionale a raggiungere la consapevolezza e ad ottenere la conoscenza delle Rune, coem già citato.

Il sangue

In quasi tutti i rituali a sfondo magico troviamo la presenza del sangue. Il sangue è un elemento dall’enorme valore simbolico. Rappresenta la vita, specie se raccolto appena dopo l’uccisione della vittima, “ancora caldo” come si sule dire. Contiene le informazioni genetiche ed è legato all’idea di prosperità e discendenza. Sebbene ci appaiano cruenti, questi rituali, infatti, servivano a propiziare un futuro migliore e la sopravvivenza della specie. Il sangue metteva gli officianti in comunicazione col divino. L’usanza di cospargersi e cospargere i muri e l’altare con questo liquido magico, serviva ad entrare in comunione con la divinità, ma anche con gli antenati.

Un rito simile lo troviamo nella liturgia cristiana, dove simbolicamente viene offerto dall’officiante ai fedeli il corpo ed il sangue di Cristo. Sebbene i cristiani al loro arrivo in Scandinavia si siano dati un gran da fare per estirpare e condannare, pena la morte, i sacrifici di sangue (un pò contraddittorio…), hanno sincreticamente conservato il gesto rituale di mangiare la carne e bere il sangue della divinità, per entrare in comunione con essa ed assorbirne il potere mistico.

Anche molti riti sciamanici dei Nativi prevedevano il sacrificio di sangue, per agevolare pratiche divinatorie, mistiche e magiche. In alcune tribù vi era l’abitudine di uccidere un animale e leggere predizioni osservando le interiora ed il sangue fluire.

Gli officianti

Non si sa molto sulle figure sacerdotali presso i Norreni. Questo perché, a differenza dei Celti, dove troviamo i Druidi, nella religione norrena non vi è una vera e prorpia casta sacerdotale organizzata. Spesso era lo Jarl o il sovrano ad officiare i riti. Le donne non erano escluse dalle pratiche, tanto è vero che spesso troviamo testimonianza di sacerdotesse incaricate di offrire il sacrificio di sangue. Sappiamo ad esempio, che la sacerdotessa in caso di vittoria, conduceva i prigionieri davanti ad un grosso calderone e tagliava la gola a ciascuno, predicendo il futuro dal fiotto di sangue che fuoriusciva.

Quando i Norreni cominciarono ad erigere templi, sappiamo che diedero incarico a determinate persone, che potremmo identificare come sacerdoti, di curarsi del tempio e compiere sacrifici e rituali. Essi venivano chiamati godhar, da godh, che significa dio. La parola inglese God o tedesca Gott derivano da qui. Tuttavia non sono da considerare in chiave moderna, nel senso che la loro autorità era limitata alle operazioni legate esclusivamente al tempio. Nell’assetto sociale essi non godevano di alcun privilegio particolare, diversamente da come accade in molte altre religioni.

Cosa resta del sacrificio di sangue

Come abbiamo visto, il simbolismo legato al sacrificio di sangue è tuttora vivo nelle religioni moderne. Il sangue ha spesso, col passare del tempo, assunto una connotazione negativa nelle religioni monoteiste. Come dicevamo, per quanto concerne il cristianesimo, si tiene vivo il simbolismo di consumare la carne ed il sangue del dio per assorbirne le facoltà mistiche.

I musulmani, invece, considerano il sangue impuro e quindi possono consumare solo carne Halal. Il termine significa conforme alla legge ed in proposito il Corano descrive dettagliatamente i precetti a cui ogni buon musulmano deve attenersi, per consumare la carne. Questi non riguardano soltanto la modalità di macellazione dell’animale, ma descrivono gesti, formule da pronunciare ed abbigliamento da indossare durante quello, che appare come un vero e proprio rituale.

L’animale deve essere vigile e, diretto verso la mecca, si pratica un taglio netto, per favorire la fuoriuscita totale del sangue, considerato, come detto, impuro. Seguono preghiere precise da pronunciare ad Allah.

Gli Ebrei, che fino alla caduta del Tempio di Salomone praticavano abitualmente sacrifici animali, oggi considerano il sangue come impuro. Condannano infatti persino l’eucarestia cristiana.

Infine i Testimoni di Geova, è cosa nota, rifiutano le trasfusioni di sangue in ambito medico, perché considerato vettore di vita. E’ perciò inconcepibile per loro l’idea di mischiare una vita con un’altra. Si ricorda inoltre il sacrificio di Gesù sulla croce. E salvarsi la vita per mezzo di una trasfusione di sangue, diviene proibito, pena l’espulsione.

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