Il coraggio della zanzara

– Non si capisce più niente con queste stagioni! – mi ripeto, quando una zanzara pioniera, si mette a ronzarmi nell’orecchio interrompendo le mie prime divagazioni oniriche.

Cerco di ignorarla, nella vana speranza che decida di mollare e cercarsi un’altra preda.

Ma lei, inacidita dalla mia noncuranza, mi pianta il suo minuscolo pungiglione nel fianco. Io niente. Resto immobile come un dolmen di Stonehenge.

Dopo poco, un pizzicore acuto mi costringe ad aprire gli occhi e ad avventarmi con le unghie sulla bolla. Ce l’ha fatta, l’infame, mi ha svegliato. Per questo, malgrado siano quasi le due di notte, decido di raccogliere il guanto della sfida e mi alzo. Comincio a gironzolare per la casa, accendendo tutte le luci, con la scopa in mano, decisa ad infliggerle la pena capitale.

Trascorsa un’ora di inutili strategie investigative vecchia maniera – ti becco e ti spiaccico – mi rimetto a letto, pensando a quanto sarà drammatico alzarsi la mattina dopo.

Inizio a rigirarmi nel letto in cerca della giusta posizione come un balenottero spiaggiato, quando la vigliacca torna a provocarmi.

Non ho alcuna voglia di alzarmi di nuovo, quindi penso di mettere in pratica un’antica perla di saggezza popolare: “la noncuranza è il maggior disprezzo”. Mi allungo il lenzuolo sulla faccia ed aspetto che si stanchi.

Le zanzare, si sa, sono anche minuscole, ma hanno una pazienza immensa perciò, quando là sotto non mi è rimasta nemmeno mezza molecola di ossigeno, mi rassegno alla sconfitta e scopro il viso, facendo delle lunghe boccate.

La zanzara attende un po’, poi la sento avvicinarsi al mio padiglione auricolare, smettendo di ronzare. Ad un tratto:

– Scusami eh, ma avevo una sete, non lo senti il caldo che fa?

Senza soffermarmi a pensare al grottesco della situazione rispondo:

– Scusa, hai anche ragione, ma ti pare questo il momento di mettersi a parlare? Io domani mattina mi devo alzare presto – la rimprovero, sottolineando la mia preoccupazione per il suono della sveglia incombente.

Lei fa spallucce, ma intendiamoci, non le spallucce che conosciamo noi, le spallucce che può fare una zanzara. Poi continua:

– E allora? Tutti si devono svegliare domani mattina ad eccezione dei gufi e dei pipistrelli. Sono nati con la camicia quelli là: non fanno niente tutto il giorno e campano sulle nostre spalle. Si credono più importanti di tutti!

La zanzara, anche se così a dirlo fa un po’ ridere, ha palesemente voglia di sputare il rospo, allora mi rassegno e mi tiro su, sistemandomi dei  cuscini sotto la schiena.

– Ma come – le chiedo – voi di giorno non dormite?

– E no – fa lei sospirando – sono finiti i tempi in cui si girava la notte e si dormiva di giorno. Ora si deve star pronte a pungere fin dal primo mattino. E’ cambiato tutto. Adesso siamo in servizio 24 ore su 24. Succhi il sangue e ti riproduci, tutto a ciclo continuo. Senza nemmeno pagarti gli straordinari. E poi li senti lamentarsi della sovrappopolazione!

Le parole della mia nuova “amica” mi fanno riflettere su come effettivamente tutto sia cambiato anche da noi, da quando, ad esempio, ero bambina io. Penso al primo di maggio, che una volta era un giorno completamente dedicato al non far nulla, mentre oggi è l’ennesimo giorno da passare in qualche centro commerciale. Non chiudono mai i supermercati. Mi vengono in mente le cassiere di turno il giorno della festa dei lavoratori. Una contraddizione in termini – penso – e provo improvvisamente per loro una grande tenerezza. Certo però, non credevo che anche nel mondo delle zanzare vi fossero simili dinamiche capitaliste.

Quando la mia riflessione sui non-diritti dei lavoratori sta per portarmi troppo lontano, la mia nuova amica mi riporta al punto:

– Oltretutto ho fatto un guaio stanotte, adesso vedrai il casino che viene fuori.

– Come un guaio? – faccio io.

– Non lo senti il caldo che fa? ti sembra normale per una notte di inizio maggio?!?. – Ancora questa manfrina del caldo, penso.

Stanca e frustrata per le ore di sonno che ho ormai perso, ammutolisco e lascio che la zanzara si sfoghi, pregando dentro di me che presto saremmo giunti ad un epilogo.

Lei, che invece sembra di tutt’altro avviso, prosegue come se niente fosse con le sue confessioni.

– Questi orari mi mettono zampe all’aria: non ci si ferma mai ed ora con gli sbalzi di temperatura, siamo costrette a migrare prima. Siamo come palline, che rimbalzano da una parte all’altra del pianeta. Io, sempre con l’ansia di far presto, ho fatto troppo presto, ecco perché sono stata costretta a pungerti. Ora che si saprà questa cosa che ho abbandonato lo sciame, rovinando il primo attacco a sorpresa della stagione, mi faranno la pelle.

– Scusa, non ti seguo, quale attacco a sorpresa? A questo punto sono curiosa.

– Noi zanzare stabiliamo ogni anno il giorno preciso in cui lo sciame inizia ad attaccare. Voi, impreparati, non avete ancora a difendervi i vostri DDT e le vostre piastrine puzzolenti e vi beccate le punture. Adesso che invece sapete che le zanzare sono arrivate, vi armerete fino ai denti per sterminarci!

Rifletto su quanto dev’essere difficile per una piccola zanzara vivere in un mondo di zanzariere e creme repellenti. Ma poi, anche un po’ per giustificarmi con me stessa, penso che la loro sia una sorte inevitabile.

Mi accorgo ad un certo punto che la zanzara mi fissa con un’espressione implorante e gliene domando la ragione.

– Devi farmi fuori – dice perentoria – spiaccicami. Prima che lo squadrone della morte mi venga a cercare. In fondo sono già una ZANZARA MORTA.

– Ucciderti? Ma lo sai che l’eutanasia è un reato in questo paese? – le dico, evidenziando l’ostacolo normativo, che mi impediva di soddisfare la sua richiesta.

– Ma scusa – replica lei – giravi con la scopa in mano, avevi già intenzione di eliminarmi. Cosa cambia?

– Cambia, cambia. In quel caso sarebbe stata legittima difesa. Ora, invece, sei tu che mi chiedi di farlo.

La zanzara è ormai sull’orlo di una crisi di nervi:

– Ma voi umani sapete solo complicare tutto? Lo sciame mi starà già cercando. Lascia che pensino che sia stata inghiottita da un predatore. E poi sono solo una zanzara e noi zanzare per voi non contiamo niente, siamo solo insetti, inutili e fastidiosi.

Per la prima volta in vita mia mi sento male ad uccidere una zanzara. Mi dispiace da morire, ma decido di fare del mio meglio per darle una mano.

– Va bene, lo farò – sentenzio – ma non qui, che ho appena imbiancato il muro.

Andiamo in bagno e saluto la mia improbabile amica per l’ultima volta. Ripeto a me stessa che lo faccio solo per il suo bene. Poi lei si mette in posizione. Pronta e fiera di andare incontro al suo destino. Mi preparo con in mano la scopa e con un colpo secco la spiaccico. Con un fazzoletto levo dal muro i suoi resti, perché non resti la macchia, poi getto tutto nel water e faccio scorrere l’acqua.

Per il resto della notte non faccio che pensare alla mia amica a sei zampe. La immagino svolazzare nel Walhalla degli insetti eroici morti in battaglia. Con lei le tante povere api, che stanno morendo sulla terra, sterminate dalle colture tossiche e dallo sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta.

Alla fine mi ritrovo a riflettere sul fatto che in fondo non importa quanto tu sia stato coraggioso fino ad un attimo prima di morire. Quando alla fine si muore, si muore e basta e questo vale per tutti.

 

 

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